
Competenza nelle autorizzazioni ambientali: la questione del consiglio di Stato Sez. IV n. 7325 del 15 settembre 2025
La pronuncia del Consiglio di Stato n. 7325/2025, pubblicata su LexAmbiente, si inserisce nel dibattito ormai consolidato circa la competenza per il rilascio delle autorizzazioni ambientali per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti. Secondo la sentenza, la Regione è l’unico soggetto competente a emanare il provvedimento conclusivo, che “absorbe e sostituisce” le competenze ordinarie di altri soggetti (Comuni, enti locali).
Questa affermazione ha profonde implicazioni: innanzitutto ridefinisce il rapporto fra i vari livelli istituzionali; in secondo luogo, condensa in un unico provvedimento tutte le valutazioni che in teoria potrebbero spettare a enti diversi (urbanistica, piano regolatore, compatibilità territoriale). Il fine dichiarato è quello di evitare dispersioni, duplicazioni procedurali, e conflitti di competenza.
Nel commento che segue, si esamina il contesto normativo, il ragionamento della giurisprudenza richiamata, i profili critici e le possibili conseguenze pratiche.
Il quadro normativo delle autorizzazioni ambientali: l’articolo 208 del D.Lgs. 152/2006 e l’autorizzazione unica regionale
L’ordinamento vigente prevede per i nuovi impianti di smaltimento e recupero che l’art. 208 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (“Testo Unico Ambientale – TUA”) disciplini una forma di autorizzazione unica regionale. Secondo il legislatore, tale autorizzazione deve assorbire le competenze relative alle verifiche urbanistiche, alla compatibilità ambientale e agli altri vincoli territoriali, in un procedimento integrato.
In particolare, il comma 6 dell’art. 208 stabilisce che l’autorizzazione unica “costituisce titolo abilitativo edilizio” per l’impianto, rendendo residuali le competenze comunali che dovranno intervenire nel contesto della conferenza di servizi.
Da questa impostazione deriva l’idea che, una volta avviato il procedimento di autorizzazione regionale, le amministrazioni locali possano essere considerate meramente interlocutorie, senza potere decisionale autonomo finale.
Il ragionamento della sentenza: la Regione come titolare esclusivo del provvedimento finale
La decisione del Consiglio di Stato consolida un orientamento consolidato: nel procedimento ambientale, la Regione esercita una funzione centrale e decisionale, con potere di “assorbimento” delle competenze di altri enti. Secondo la motivazione, la disciplina dell’art. 208 mira proprio a concentrare le scelte definitive ai livelli di governo regionale, in ragione delle implicazioni ambientali, territoriali e infrastrutturali degli impianti di smaltimento.
È ribadito che altri enti (Comuni, Province, Autorità locali) mantengono un ruolo procedimentale, possono esprimere pareri, partecipare alla conferenza di servizi, proporre osservazioni, ma non possono emettere provvedimenti autonomi successivi che ostacolino o modifichino la decisione finale della Regione.
In altri termini, il provvedimento regionale finale sostituisce ogni altra manifestazione decisionale in materia di autorizzazioni ambientali per nuovi impianti. Questo principio viene definito come “funzione assorbente” della competenza regionale.
La sentenza inoltre richiama precedenti giurisprudenziali che confermano lo stesso indirizzo interpretativo: la Regione deve coordinarne le varie valutazioni (urbanistiche, ambientali, pianificazione) e assumere la decisione conclusiva in uno “scacchiere integrato”.
Autorizzazioni ambientali: punti di forza e logica operativa della decisione
Il ragionamento della Corte risulta robusto dal punto di vista della razionalizzazione procedurale. In scenari pratici, l’assenza di un soggetto unico decidente può generare contrasti, ritardi, duplicazioni procedurali che rallentano l’iter autorizzativo – e in alcuni casi diventano terreno di contenzioso. Concentrando la decisione nella Regione, la procedura tende a guadagnare in coesione decisionale e centralità del coordinamento ambientale-territoriale.
Inoltre, l’interpretazione della normativa come da sentenza valorizza l’idea che impianti di smaltimento e recupero – che hanno potenziali ricadute territoriali e ambientali su scala più ampia del singolo Comune – meriterebbero un livello decisionale superiore rispetto alla semplice potestà comunale.
Infine, l’assunzione che l’autorizzazione regionale costituisca titolo edilizio significa che si evita la frammentazione delle autorizzazioni e si semplifica l’accertamento della compatibilità urbanistica: il provvedimento unico incorpora quelle verifiche che altrimenti graverebbero sui Comuni.
Criticità e nodi interpretativi
Non mancano tuttavia profili critici che meritano attenzione, anche dal punto di vista del diritto amministrativo e del bilanciamento delle autonomie locali.
Innanzitutto, la potenziale compressione dell’autonomia comunale: se il Comune è relegato a mero partecipante, perde la capacità di esercitare una tutela diretta del territorio locale rispetto a questioni urbanistiche e ambientali. Ciò può produrre frustrazione o conflitti nei casi in cui il progetto appare incompatibile con il contesto locale.
In secondo luogo, la formulazione “assorbente” somiglia a una sterilizzazione dei poteri degli altri enti, che pure detengono competenze proprie in materie correlate (pianificazione urbanistica, vincoli paesaggistici, assetto del territorio). Se non ben motivata, questa concentrazione può generare questioni di legittimità rispetto ai principi costituzionali di decentramento e sussidiarietà.
In terza istanza, si pone il problema della motivazione articolata: la decisione regionale dovrà integrare e confrontare tutte le valutazioni che altrimenti sarebbero spettate agli altri enti, con il rischio che l’istruttoria diventi molto complessa e che le ragioni del diniego (o del via libera) debbano essere spiegate in modo chiaro su tutti i fronti (urbanistico, ambientale, territoriale).
Un ulteriore nodo riguarda la variante urbanistica implicita: se l’impianto è localizzato in zona non compatibile con il piano urbanistico vigente, la sentenza richiede che la Regione possa assorbire anche la valutazione di conformità urbanistica. Ciò apre la questione se l’autorizzazione unica possa fungere da variante implicita al piano locale, con possibili effetti di alterazione del disegno urbanistico comunale.
Infine, resta il tema della sovrapposizione con l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), applicabile in certi impianti maggiori. La disciplina AIA prevede valutazioni ambientali complesse e integrate, che possono entrare in conflitto o dover essere coordinate con l’autorizzazione regionale unica.
Prospettive pratiche e riflessi per le politiche locali
Se confermato nel tempo come orientamento stabile, il principio espresso dalla sentenza n. 7325/2025 implicherà un cambiamento strutturale nei procedimenti autorizzativi ambientali. Le amministrazioni regionali dovranno predisporre istruttorie integrate e forti competenze tecniche interne, in grado di valutare non solo gli aspetti ambientali, ma anche urbanistici, infrastrutturali, territoriali.
I Comuni, da parte loro, dovranno interagire in fase procedimentale e fornire pareri tempestivi, ma perderanno margine decisionale autonomo. Ciò spinge verso la necessità di forme collaborative e sinergiche nell’ambito della conferenza di servizi, affinché le istanze locali non vengano emarginate.
Sul piano della pianificazione urbanistica, si impone che i piani comunali e regionali anticipino con chiarezza le zone idonee o non idonee all’insediamento di impianti di smaltimento, in modo da ridurre i conflitti al momento dell’autorizzazione. In questo senso, il principio di prossimità e autosufficienza della gestione dei rifiuti (parte del diritto ambientale) dovrebbe trovare riflesso nel piano regionale e nei piani di ambito.
È probabile che questa linea giurisprudenziale sarà sollecitata in contenzioso nei casi più controversi, soprattutto quando le comunità locali sosteranno che il provvedimento regionale ha ignorato le specificità locali o i vincoli locali. In tali contenziosi si dovrà verificare se la Regione abbia debitamente considerato — e motivato — ciascun profilo tecnico, urbanistico e ambientale richiesto.
Autorizzazioni ambientali: un equilibrio fragile da garantire
La sentenza n. 7325/2025 del Consiglio di Stato riafferma con forza il principio che, nel procedimento di autorizzazione per nuovi impianti di smaltimento e recupero, il provvedimento regionale finale è esclusivo e assorbente, relegando gli altri enti al ruolo di interlocutori procedimentali. Con questo orientamento, si cerca di semplificare e rendere più coerente la governance autorizzativa ambientale, ma non senza rischi per l’equilibrio tra livelli istituzionali e per l’autonomia locale.
La vera sfida sarà che le Regioni esercitino questa funzione con rigore tecnico, trasparenza e capacità di tradurre le esigenze locali in motivazioni comprensibili e rispettose dei vincoli territoriali e urbanistici. Solo in tal modo si potrà evitare che la concentrazione della competenza diventi una fonte di conflitto piuttosto che di efficienza.