Responsabile inquinamento ambientale: come individuarlo? - Leonardo Academy

Responsabile inquinamento ambientale: come individuarlo?

Gli obblighi che vengono fissati dalla parte Quarta Titolo V del del Dlgs 152 del 2006 e s.m.in materia di Bonifica di siti contaminati sono indirizzati al “responsabile dell’inquinamento ambientale”.

Tale soggetto è destinatario di obblighi diversificati in relazione alle fattispecie di inquinamento che ha provocato, cioè in relazione al fatto che l’ inquinamento che ha provocato abbia determinato o meno l’obbligo di procedere all’attività di “bonifica” vera e propria, come definita dall’art. 240 (l’insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR)), in seguito alla concretizzazione della fattispecie del “sito contaminato” cioè un sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR), determinati con l’applicazione della procedura di analisi di rischio, sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, risultano superati; oppure se abbia concretizzato la diversa fattispecie del “sito potenzialmente contaminato” cioè  un sito nel quale uno o più valori di concentrazione delle sostanze inquinanti rilevati nelle matrici ambientali risultino superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC), in attesa di espletare le operazioni di caratterizzazione e di analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica, che ne permettano di determinare lo stato o meno di contaminazione sulla base delle concentrazioni soglia di rischio (CSR).

Il Dlgs 152 del 2006 non fornisce un’esplicita nozione di “responsabile dell’inquinamento ambientale”, anche se l’art.244, nel suo comma secondo dispone:

2. La provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell’evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo”.

Si ritiene dunque che la nozione di “responsabile dell’inquinamento ambientale”, più volte adottata dal legislatore nella parte Quarta del Titolo V del del Dlgs 152 coincida con quella di “responsabile dell’evento di superamento”, cioè dell’evento che ha determinato un superamento delle CSC, come individuate nell’ Allegato 5 al Titolo V della Parte quarta “Valori di concentrazione limite accettabili nel suolo e nel sottosuolo riferiti alla specifica destinazione d’uso dei siti da bonificare”.

Il complesso di questa disciplina è rispondente ai dettami del diritto comunitario ed, in particolare, al principio “chi inquina paga” che va – come è tradizione nella giurisprudenza comunitaria – interpretato in senso sostanzialistico, in modo da non pregiudicare l’efficacia del diritto comunitario (per un richiamo all’effettività come criterio guida nell’interpretazione del diritto comunitario ambientale cfr. Corte di giustizia Ce 15 giugno 2000 in causa Arco).

Il principio “chi inquina paga” consiste, in definitiva, nell’imputazione dei costi ambientali (c.d. esternalità ovvero costi sociali estranei alla contabilità ordinaria dell’impresa) al soggetto che ha causato la compromissione ecologica illecita (poiché esiste una compromissione ecologica lecita data dall’attività di trasformazione industriale dell’ambiente che non supera gli standards legali). 

…“ Con specifico riguardo alla contaminazione dei siti, pare rilevante quanto stabilito dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004, “sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale”.

Anche tale direttiva è conformata dal principio “chi inquina paga” che emerge dal diciottesimo considerando della direttiva: “secondo il principio “chi inquina paga, l’operatore che provoca un danno ambientale o è all’origine di una minaccia imminente di tale danno, dovrebbe di massima sostenere il costo delle necessarie misure di prevenzione o di riparazione. Quando l’autorità competente interviene direttamente o tramite terzi al posto di un operatore, detta autorità dovrebbe far sì che il costo da essa sostenuto sia a carico dell’operatore. E’ inoltre opportuno che gli operatori sostengano in via definitiva il costo della valutazione del danno ambientale ed eventualmente della valutazione della minaccia imminente di tale danno.

Per l’imputabilità serve una condotta dolosa e colposa e non la mera disponibilità del bene

Il principio comunitario impone comunque che l’amministrazione compia adeguate indagini per accertare l’autore delle condotte che hanno determinato la contaminazione, senza evidentemente poterle fare gravare su di un soggetto in ragione della sola disponibilità in passato del bene.

Ai fini dell’individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento ambientale trova applicazione, ai fini dell’accertamento della sussistenza del nesso di causalità tra attività industriale svolta nell’area ed inquinamento dell’area medesima, il canone civilistico del “più probabile che non”, secondo una nozione di causa in termini di aumento del rischio, ovvero come contribuzione da parte del produttore al rischio del verificarsi dell’inquinamento.

Ne deriva come, conformemente a tale principio (che consiste, dunque, nell’addossare ai soggetti responsabili i costi cui occorre fare fronte per prevenire, ridurre o eliminare l’inquinamento prodotto) l’amministrazione non possa imporre ai privati lo svolgimento di attività di recupero e di risanamento se non in ragione dell’imputabilità di una relativa condotta dolosa o colposa, da accertarsi previo contraddittorio.

Questo quanto emerge dalla sentenza TAR Lazio (RM) Sez. II stralcio n. 981 del 19 gennaio 2023 dove la Italiana petroli s.p.a. (già Totalerg s.p.a.) impugnava il provvedimento in epigrafe con cui Roma Capitale – “nell’ambito delle verifiche sulle segnalazioni di contaminazione, pur se potenziale,” di un sito ivi identificato come “area ex raffineria purfina”, ritenuta “riconducibil(e) a prodotti derivanti dalla lavorazione del petrolio nel sottosuolo” – richiedeva alla ricorrente “di programmare e realizzare tutte le verifiche necessarie a stabilire le condizioni ambientali del sito ed effettuare le comunicazioni previste dalla vigente normativa ai sensi del Titolo V della Parte 4 del D.Lgs. n 152/06 … in conformità alle allora vigenti disposizioni di legge ed in accordo alle disposizioni della DGR Lazio n. 451/2008 corredando il tutto da idonea documentazione tecnica relativa all’estensione dell’impianto dismesso ed alle attività che vi si svolgevano”.

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