
Siti di Interesse Nazionale: l’inclusione dei terreni nell’analisi della sentenza CdS n. 6417/2025
La sentenza n. 6417/2025 del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, rappresenta un passaggio importante nella definizione dei criteri di perimetrazione dei Siti di Interesse Nazionale (SIN) e nel rapporto tra presunzione di contaminazione e garanzie procedimentali. Il caso nasce dal ricorso proposto dalla società Acs Dobfar S.p.A., titolare di uno stabilimento farmaceutico ad Anagni, contro l’inclusione delle proprie aree nel SIN “Bacino del fiume Sacco”.
La questione giuridica centrale riguarda il significato e la portata dell’inclusione di un terreno in uno dei Siti di Interesse Nazionale: tale inclusione rappresenta automaticamente un presupposto di contaminazione o deve essere motivata in base a indizi concreti e documentati?
La decisione fornisce chiarimenti fondamentali su come interpretare gli artt. 242 e 252 del d.lgs. 152/2006 e sull’equilibrio tra tutela ambientale e diritti dei proprietari coinvolti.
Il quadro normativo dei Siti di Interesse Nazionale
L’istituto dei Siti di Interesse Nazionale è stato introdotto con la legge n. 426/1998 per concentrare in capo al Ministero dell’Ambiente la competenza a programmare e realizzare le bonifiche in aree caratterizzate da elevata criticità ambientale.
Il d.lgs. 152/2006 ha successivamente precisato i criteri di individuazione dei Siti di Interesse Nazionale, stabilendo che la perimetrazione deve basarsi su fattori quali la pericolosità degli inquinanti presenti, il rischio sanitario ed ecologico, l’impatto socio-economico e la presenza di beni culturali o paesaggistici.
La giurisprudenza aveva già chiarito che l’inclusione in un SIN non implica di per sé che tutte le aree comprese nel perimetro siano effettivamente contaminate, ma produce un effetto di accentramento delle competenze in capo al Ministero. Tuttavia, la sentenza in esame va oltre, qualificando l’inclusione come un vero e proprio vincolo ambientale, che può incidere anche su autorizzazioni edilizie o trasformazioni produttive.
Siti di Interesse Nazionale: i fatti di causa
Lo stabilimento della società Acs Dobfar, ad Anagni, si è visto includere nei provvedimenti di perimetrazione del SIN “Bacino del fiume Sacco”, istituito a seguito della scoperta, negli anni Duemila, di gravi contaminazioni da β-esaclorocicloesano derivanti dalla produzione di lindano.
L’impresa ha contestato tale inclusione sostenendo che i suoi terreni si trovano a distanza dal fiume, non hanno subito esondazioni né eventi contaminanti, e che le analisi ambientali private effettuate non hanno evidenziato superamenti delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC).
Nonostante le osservazioni presentate, il Ministero ha confermato la perimetrazione, rinviando l’accertamento dell’eventuale contaminazione alla fase successiva della caratterizzazione. Il TAR Lazio ha respinto il ricorso, ritenendo sufficiente la motivazione e la partecipazione procedimentale garantita.
Le censure proposte in appello
La società ha quindi impugnato la sentenza di primo grado, sollevando cinque motivi di appello. Tra questi, i più rilevanti riguardavano la violazione dell’art. 242 del d.lgs. 152/2006, l’assenza di indizi concreti di contaminazione, l’arbitrarietà dell’inclusione e l’insufficiente motivazione degli atti amministrativi.
Secondo l’impresa, l’inserimento dei terreni nel SIN senza dimostrare alcun nesso con eventi contaminanti rappresentava un uso distorto dei poteri pubblici e un aggravio ingiustificato delle proprie attività produttive.
Il ragionamento del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato affronta la questione partendo dal quadro normativo e dalla giurisprudenza consolidata. Da un lato, conferma che l’inclusione nel SIN rappresenta il presupposto equivalente al “verificarsi di un evento potenzialmente in grado di contaminare il sito” previsto dall’art. 242 del Testo unico ambientale. Dall’altro, precisa che tale presupposto non può essere applicato in modo automatico o arbitrario.
Perché un’area sia legittimamente inclusa in un SIN, è necessario che l’amministrazione individui indizi di sufficiente gravità tali da giustificare il sospetto di contaminazione. La decisione deve essere adeguatamente motivata, spiegando il percorso logico seguito e confrontandosi con eventuali prove contrarie fornite dai privati.
Nel caso concreto, il Ministero si è limitato a sostenere che l’accertamento dell’eventuale inquinamento sarebbe stato rimandato alla fase di caratterizzazione, senza però illustrare le ragioni per cui i terreni della società potessero ritenersi “sospetti”. Questa motivazione, secondo i giudici, è insufficiente e tautologica, perché dà per provato ciò che andava prima dimostrato.
L’annullamento del decreto ministeriale
Sulla base di queste considerazioni, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello della società e annullato il decreto ministeriale di perimetrazione del 2016 nella parte in cui includeva i terreni di Acs Dobfar.
L’amministrazione dovrà riesaminare il caso applicando correttamente i criteri dell’art. 252 del d.lgs. 152/2006, valutando le osservazioni della società e fornendo una motivazione congrua che giustifichi, se del caso, la nuova inclusione.
Le spese sono state compensate, in considerazione della complessità e della novità della questione, che non trovava precedenti identici in giurisprudenza.
Significato della sentenza
Questa decisione segna un punto fermo nell’interpretazione della disciplina dei SIN. Il principio che ne emerge è duplice:
- l’inclusione in un SIN costituisce sì un vincolo ambientale e il presupposto per avviare procedure di bonifica, ma non può avvenire in modo indiscriminato o privo di adeguata istruttoria;
- l’amministrazione ha l’onere di motivare in modo trasparente le ragioni della perimetrazione, soprattutto quando il privato produce documentazione tecnica che dimostra l’assenza di contaminazione.
Il rischio, altrimenti, è quello di un uso eccessivamente estensivo dello strumento dei Siti di Interesse Nazionale, con effetti penalizzanti per attività produttive o per aree non effettivamente interessate da fenomeni inquinanti.
Implicazioni pratiche
La sentenza avrà conseguenze rilevanti non solo per la società ricorrente, ma anche per tutte le imprese e gli enti territoriali che si trovano coinvolti nei procedimenti di perimetrazione dei SIN.
Per le amministrazioni, emerge l’esigenza di rafforzare la fase istruttoria e la qualità delle motivazioni, evitando di utilizzare la perimetrazione come mero strumento di precauzione generale. Per i privati, invece, la decisione conferma la possibilità di far valere, in sede giurisdizionale, l’insufficienza delle motivazioni e la mancanza di indizi concreti di contaminazione.
In prospettiva, la pronuncia contribuisce a bilanciare il principio di precauzione ambientale con il rispetto delle garanzie procedimentali e dei diritti di proprietà, delineando un modello di tutela ambientale che non sia solo formale, ma effettivamente proporzionato.
Siti di Interesse Nazionale: conclusioni
La sentenza n. 6417/2025 del Consiglio di Stato rappresenta una tappa significativa nella definizione dei rapporti tra diritto ambientale e attività economiche. L’inclusione in un SIN non è un atto neutro: comporta conseguenze giuridiche rilevanti e deve essere sorretta da una motivazione seria, fondata su dati oggettivi e non su presunzioni generiche.
In questo modo, il giudice amministrativo riafferma che la tutela dell’ambiente, valore costituzionalmente protetto, deve convivere con il principio di legalità amministrativa e con il rispetto dei diritti dei soggetti coinvolti.