Impianti rifiuti e impatto ambientale

Impianti rifiuti e impatto ambientale: cosa dice la sentenza n. 7789/2025 del CdS

La sentenza Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 7789 del 6 ottobre 2025 affronta un tema caldo per molte città italiane, ossia quello degli impianti dei rifiuti e del loro impatto ambientale: come progettare gli impianti per trattare la frazione organica dei rifiuti (FORSU) minimizzando gli impatti su aria, acqua, paesaggio e comunità.

Il caso nasce dall’autorizzazione del PAUR per l’impianto integrato anaerobico–aerobico a Cesano (Roma), proposto da AMA S.p.A., e dalle contestazioni di comitati e associazioni. Il Consiglio di Stato, dopo aver ritenuto procedibili i ricorsi, li respinge nel merito, offrendo chiarimenti preziosi sia tecnici sia giuridici.

Aerobico o anaerobico? Perché non sono la stessa cosa!

La decisione ribadisce un punto chiave: tra compostaggio solo aerobico e trattamento integrato anaerobico–aerobico l’impatto odorigeno non è equivalente.

Nel compostaggio aerobico la degradazione della sostanza organica avviene in presenza di ossigeno, dentro capannoni chiusi dai quali occorre estrarre grandi volumi d’aria carica di composti odorigeni da trattare.

La digestione anaerobica, invece, avviene in reattori chiusi senza ossigeno e produce biogas e digestato. Poiché il digestato ha già subito gran parte della degradazione biologica, la successiva fase aerobica incide molto meno in termini di odori. In parole semplici: nella linea integrata, la puzza diminuisce perché l’aria da trattare è minore e la biomassa è già “stabilizzata”.

Non solo odori: energia, CO₂ e “migliori tecniche disponibili”

La sentenza sottolinea che l’introduzione della sezione anaerobica non è, di per sé, “più impattante”. Al contrario, rientra nelle BAT – Best Available Techniques per il trattamento rifiuti e permette di recuperare energia sotto forma di biometano, con benefici sul bilancio emissivo di CO₂. In ottica di economia circolare, il passaggio a configurazioni che producono energia rinnovabile dalla FORSU è considerato coerente con le politiche europee e nazionali e, se ben progettato, può ridurre l’impatto complessivo rispetto al solo compostaggio.

Il nodo procedurale: perché i ricorsi erano “procedibili” ma infondati

Il TAR Roma aveva dichiarato i ricorsi improcedibili perché non era stato impugnato il bando Invitalia per progettare e realizzare l’impianto. Il Consiglio di Stato corregge il tiro: quel bando dipendeva dal PAUR, quindi l’eventuale annullamento di quest’ultimo avrebbe avuto effetti a valle. Detto questo, entrando nel merito, i giudici verificano uno per uno i profili ambientali sollevati e concludono che l’istruttoria è adeguata e le scelte sono ragionevoli e conformi alle norme.

VIA, VAS, rischi industriali e localizzazione: cosa ha pesato

Sulla localizzazione, gli atti pianificatori e lo Studio di Impatto Ambientale descrivono il contesto e la compatibilità con il territorio, tenendo conto delle pressioni preesistenti. Non emerge un vizio tale da invalidare la scelta del sito. Quanto ai rischi di incidente, si osserva che le quantità di biometano stoccate restano sotto le soglie della direttiva Seveso; la parte “a rischio” è stata analizzata e incasellata correttamente. La sezione anaerobica, essendo in circuito chiuso, non incrementa di per sé i pericoli, e la progettazione prevede misure tecniche per prevenzione e sicurezza.

Impianti rifiuti e aria: emissioni, torce e qualità dell’ambiente

Sul fronte aria, il cuore è l’impatto odorigeno e la gestione del biogas. Il passaggio al sistema integrato non aumenta automaticamente le emissioni diffuse perché il maggior “peso” emissivo è nella parte aerobica, che – come detto – viene alleggerita dal pretrattamento anaerobico. Il tema CO₂ è affrontato con l’indicazione di recupero e valorizzazione della CO₂ prodotta dall’upgrading del biogas, in modo da azzerare o compensare gli scarichi in atmosfera di quella fase. Quanto alle torce di emergenza, la sentenza richiama le prescrizioni: uso solo per sicurezza o condizioni straordinarie, con limiti orari annui e obblighi di notifica in caso di superamento. Si tratta di dispositivi non continuativi, pensati per garantire l’impianto in condizioni anomale.

Acque superficiali e sotterranee: scarichi, monitoraggi e precauzione

Per le acque superficiali, il progetto prevede trattamenti spinti e uno scarico in misura contenuta rispetto al vicino depuratore, con un impatto valutato come compatibile. Le prescrizioni chiariscono i percorsi dei flussi, i pozzetti di controllo, gli obiettivi gestionali e i piani di monitoraggio. Per le acque sotterranee, è previsto un quadro piezometrico e, in sede di esecutivo, una relazione idrogeologica condivisa con ARPA per posizionare correttamente i piezometri di monte e di valle. Qui entra in gioco il principio di precauzione: senza attendere “prove provate” del danno, si impone una catena di misure preventive, monitoraggio e controllo periodico, coerente con l’AIA e con la direttiva sulle emissioni industriali.

Impianti rifiuti, biodiversità e paesaggio: incidono, ma non bloccano il progetto

Sul capitolo biodiversità, la struttura tecnica regionale ha escluso incidenze significative sui siti Rete Natura 2000, per cui non è stata ritenuta necessaria la Valutazione di Incidenza. In ambito paesaggio e archeologia, la Soprintendenza aveva espresso un parere negativo in prima battuta, poi gestito in Conferenza dei Servizi con prescrizioni: completare le indagini, rispettare fasce di tutela, ricalibrare elementi viari. Il PAUR recepisce queste condizioni e la stessa Soprintendenza non propone opposizione finale.

In sostanza, la tutela non scompare, ma si traduce in vincoli operativi da rispettare in fase di progetto esecutivo e cantiere.

Cosa significa per territori, aziende e cittadini

La sentenza manda tre messaggi chiari.

Il primo è tecnico: gli impianti integrati anaerobico–aerobici sono oggi considerati soluzioni avanzate per trattare l’organico, perché tagliano gli odori, recuperano energia e possono ridurre le emissioni complessive, se inseriti in un sistema ben progettato e controllato.

Il secondo è procedurale: VIA, VAS, AIA e PAUR non sono formalità, ma percorsi che, se istruiti bene, reggono al contenzioso; eventuali varianti vanno valutate per capire se siano sostanziali o ottimizzazioni interne che non richiedono nuova procedura.

Il terzo è di governance: conflitti su siti, odori, sicurezza e paesaggio si possono gestire con prescrizioni puntuali, monitoraggi e trasparenza verso i cittadini, più che con “no” assoluti.

Un equilibrio possibile tra impianti rifiuti e qualità della vita

Trattare in casa la FORSU significa meno discariche, meno trasporti e più energia rinnovabile. Ma ogni impianto di rifiuti va calato nel territorio con dati, misure e dialogo. Il Consiglio di Stato mostra che un progetto può essere migliorato lungo l’iter autorizzativo, purché resti coerente con gli standard ambientali e con le migliori tecniche. Per amministrazioni e gestori la rotta è tracciata: progettazione solida, diligenza istruttoria, prescrizioni verificabili. Per i residenti, la tutela passa da controlli reali e informazione continua su odori, emissioni, acque e traffico.

In conclusione, la sentenza n. 7789/2025 non è un “via libera” generico, ma la conferma che, con tecnologia adeguata, monitoraggi rigorosi e prescrizioni cogenti, un impianto anaerobico–aerobico può risultare più sostenibile del solo compostaggio. E che la transizione verso sistemi di gestione dell’organico efficienti, tracciabili e a recupero energetico non è solo una scelta impiantistica, ma una politica pubblica da costruire passo dopo passo, con la legge e con la scienza.

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