Infortuni sul lavoro: i dati non particolarmente rassicuranti del biennio 2024-2025
Il biennio 2024–2025 si chiude con un quadro degli infortuni sul lavoro tutt’altro che rassicurante. Nonostante le innovazioni tecnologiche, le nuove linee guida sulla formazione, l’aggiornamento delle responsabilità dei preposti e un maggiore impegno dichiarato da molte realtà produttive, i dati raccontano una realtà più complessa.
Con il 2026 ormai alle porte, l’Italia si trova davanti alla necessità di ripensare politiche, strategie e modelli organizzativi per ridurre in modo strutturale il numero di incidenti in azienda. Comprendere quali settori hanno registrato la maggiore incidenza di infortuni e quali errori continuano a ripetersi è un passaggio essenziale per costruire un sistema di prevenzione più efficace.
Infortuni sul lavoro nel settore delle costruzioni: un rischio che rimane costante nel tempo
Le costruzioni si confermano il settore più esposto, come dimostrano gli ultimi report INAIL relativi a tutto il 2024 e ai primi tre trimestri del 2025. Il cantiere rimane un ambiente intrinsecamente instabile, in cui luoghi, attrezzature e modalità operative cambiano di continuo. La pressione sui tempi di consegna e il frequente ricorso a subappalti rendono difficile garantire una supervisione omogenea.
Alla fine del 2025 la criticità più evidente è la persistenza di una bassa percezione del rischio. Molti lavoratori con anni di esperienza considerano normali attività che richiederebbero invece un livello massimo di attenzione. I preposti risultano sovraccarichi, spesso impegnati più sul fronte produttivo che su quello della vigilanza, mentre la documentazione tecnica non sempre è aggiornata. Il settore delle costruzioni necessita nel 2026 di una svolta culturale che integri stabilmente innovazione, coordinamento e formazione continua.
Logistica e trasporti: la sicurezza sacrificata alla velocità
Nel 2025 la logistica ha registrato un aumento significativo dei volumi, spinta dall’espansione dell’e-commerce e dalla riorganizzazione delle catene di fornitura. Questo incremento ha portato con sé un’evidente crescita dei rischi di infortuni sul lavoro. Gli infortuni più frequenti derivano dalla movimentazione di carichi, dall’impiego di muletti e transpallet, da cadute in piano e da investimenti nei piazzali.
Una delle cause strutturali resta la formazione insufficiente su mezzi e attrezzature, soprattutto tra i lavoratori interinali o stagionali. A questo si aggiunge la mancata pianificazione dei flussi, che provoca sovrapposizioni tra transito di mezzi e operatori a piedi. Alla fine del 2025 molti hub logistici stanno iniziando a introdurre sensori, varchi intelligenti e soluzioni di intelligenza artificiale per tracciare i movimenti in tempo reale, ma la diffusione non è ancora uniforme. Nel 2026 sarà necessario accelerare questa transizione tecnologica, affiancandola a una formazione più pratica e meno teorica.
Infortuni sul lavoro e industria manifatturiera: routine che si trasformano in pericoli
Nel comparto manifatturiero gli infortuni sul lavoro emergono spesso non da attività eccezionali, ma da operazioni ripetute nel tempo. Il 2025 ha confermato che il rischio cresce quando un processo diventa troppo familiare. In questi contesti la sottovalutazione del rischio residuo è un fattore determinante: operazioni come la pulizia di un macchinario, la rimozione di un inceppo o la sostituzione di una piccola componente vengono percepite come semplici, ma rappresentano uno dei principali ambiti di incidente.
Un’altra criticità osservata negli ultimi mesi riguarda l’obsolescenza di alcuni impianti. Molte aziende hanno rinviato investimenti nella sostituzione o nell’ammodernamento dei macchinari, con il risultato che protezioni, microinterruttori e sistemi di blocco non rispondono più agli standard attuali. Anche la manutenzione programmata è spesso carente o non correttamente pianificata.
Nel 2026 il settore dovrà spingere verso un modello basato su sicurezza predittiva, integrando sensori, audit digitali e sistemi di monitoraggio continuo dello stato dei macchinari.
Sanità e assistenza: un rischio che pesa sulle persone e sui turni
Il settore sanitario si conferma nel 2025 uno dei più critici, non solo per gli infortuni fisici sul lavoro ma anche per quelli legati allo stress e al sovraccarico cognitivo. Ospedali, RSA e servizi domiciliari presentano dinamiche complesse: movimentazione dei pazienti, turnazioni prolungate, decisioni rapide, esposizione a sostanze biologiche, scenari emergenziali.
Una delle principali criticità che emerge dai dati più recenti riguarda la fatica mentale. Errori di valutazione, distrazioni e mancata aderenza ai protocolli sono spesso conseguenze di ritmi di lavoro non sostenibili. A ciò si aggiunge una carenza strutturale di personale, che porta molti operatori a svolgere mansioni aggiuntive o a lavorare in condizioni di tensione costante.
Le aziende sanitarie tendono ancora a considerare la formazione come un adempimento formale e non come un percorso di sviluppo professionale continuo. Nel 2026 servirà investire in addestramento pratico, simulazioni di scenario, dispositivi ergonomici e programmi dedicati al benessere psico-fisico del personale.
Infortuni sul lavoro e agricoltura: tecnologia ancora troppo lenta rispetto ai rischi
L’agricoltura, nel 2025, resta uno dei settori con la più alta incidenza di infortuni sul lavoro gravi e mortali. Le lavorazioni all’aperto, l’uso di macchine agricole datate e la stagionalità del lavoro creano una combinazione estremamente rischiosa. Trattori e attrezzature prive di sistemi di protezione moderni continuano a essere una delle principali fonti di pericolo.
Molti operatori, soprattutto nelle realtà familiari, mantengono una forte resistenza culturale verso la modernizzazione delle attrezzature. Inoltre una parte significativa della forza lavoro stagionale è composta da persone con competenze linguistiche limitate, che non sempre comprendono appieno istruzioni e procedure.
Il 2026 dovrà essere un anno decisivo per la diffusione di attrezzature più sicure, dispositivi di blocco automatico e programmi di formazione multilingue, con un approccio pratico e inclusivo.
Cosa stanno sbagliando le aziende: un problema che il 2026 non può ereditare
Analizzando il biennio 2024–2025 emerge un filo conduttore comune ai cinque settori più colpiti. Gli infortuni non derivano soltanto dalla natura delle attività svolte, ma da un approccio aziendale ancora troppo burocratico alla sicurezza. Molte imprese considerano DVR e procedure come documenti da aggiornare invece che come strumenti operativi. La formazione è spesso trattata come un requisito formale, con corsi frontali poco interattivi e scarsa verifica dell’apprendimento reale.
Un’altra criticità diffusa è la debolezza della vigilanza interna. Il ruolo dei preposti, pur rafforzato dalle recenti modifiche normative, non è ancora pienamente valorizzato. In molti contesti la prevenzione viene delegata quasi esclusivamente all’RSPP, quando dovrebbe coinvolgere ogni livello aziendale, dal dirigente fino all’ultimo lavoratore.
Il nodo vero resta però culturale. Senza una cultura della sicurezza condivisa, ogni innovazione perde efficacia. Le aziende sbagliano quando pensano che prevenire gli infortuni significhi rallentare la produttività, mentre le evidenze mostrano esattamente il contrario: ambienti più sicuri sono più efficienti, più stabili e più competitivi.
Guardando al 2026: tecnologia, competenze e comportamento
Con l’arrivo del 2026, il sistema della sicurezza sul lavoro italiano si trova davanti a una scelta strategica. La prevenzione dovrà diventare un processo basato su dati, osservazione continua e capacità di anticipare i rischi prima che si trasformino in incidenti. Le tecnologie digitali, dall’intelligenza artificiale ai sensori IoT, permettono di monitorare ambienti, macchinari e comportamenti con una precisione impensabile fino a pochi anni fa.
Accanto alla tecnologia, la priorità per il prossimo anno sarà una formazione realmente efficace, progettata per cambiare comportamenti e non solo per trasmettere nozioni. Inoltre, sarà fondamentale investire in leadership della sicurezza, perché nessuna procedura funziona se dirigenti e preposti non sono in grado di guidare il gruppo verso scelte sicure e consapevoli.
