Sostenibilità, benessere e inclusione: la sfida delle imprese europee
Il nuovo Social Sustainability Monitor 2025, realizzato da SDA Bocconi in collaborazione con SD Worx, offre una fotografia chiara e allo stesso tempo problematica del mondo del lavoro europeo. Dalla ricerca emerge infatti un dato sorprendente: solo 4 dipendenti su 10 considerano la propria azienda un luogo di lavoro realmente attraente. Un risultato che indica un divario evidente tra ciò che molte imprese dichiarano in tema di sostenibilità sociale e ciò che i lavoratori percepiscono nella loro esperienza quotidiana.
Il monitor, basato su un’indagine condotta su 5.625 datori di lavoro e 16.000 lavoratori in 16 Paesi europei, esplora i pilastri della “S” dell’ESG, ossia la dimensione sociale delle imprese, attraverso quattro aree chiave: talento e persone, retribuzione, flessibilità organizzativa e diversità e inclusione. I risultati mostrano come la sostenibilità sociale non possa essere considerata un aspetto accessorio, ma un tema centrale per la competitività e la reputazione aziendale.
Talent & People: tra formazione promessa e formazione reale
La prima area analizzata riguarda la gestione e lo sviluppo delle persone. Molte aziende dichiarano di investire nella crescita professionale dei propri collaboratori, ma le percezioni non sono allineate. In Italia, per esempio, una larga parte delle imprese sostiene di favorire percorsi di aggiornamento e sviluppo delle competenze, ma solo il 29% dei lavoratori percepisce realmente questi investimenti. Il dato evidenzia una distanza significativa tra l’offerta teorica e ciò che viene effettivamente proposto e reso accessibile.
La formazione è un elemento decisivo per creare ambienti di lavoro dinamici e competitivi, ma il monitor evidenzia che il suo impatto non è distribuito in modo equo. Giovani, donne e lavoratori maturi risultano spesso destinatari marginali, con meno opportunità di accedere a percorsi strutturati. Questo squilibrio alimenta una percezione di scarsa valorizzazione del capitale umano e contribuisce a rendere meno attrattivo il contesto lavorativo.
A ciò si aggiunge il tema del benessere psicofisico, che rappresenta un tassello essenziale della sostenibilità sociale. Sebbene molte organizzazioni dichiarino di promuovere iniziative dedicate alla salute e al work-life balance, solo una parte dei lavoratori riconosce un impegno concreto in questa direzione. La distanza tra i programmi annunciati e il loro impatto reale mostra come la cultura del benessere richieda investimenti tangibili e continuità operativa, non semplici iniziative spot.
Retribuzione ed equità: quando il salario non basta a generare fiducia
La seconda dimensione riguarda la retribuzione e la percezione di equità economica, un tema che storicamente influenza la soddisfazione e il coinvolgimento dei dipendenti. Molte aziende affermano di garantire livelli retributivi adeguati e competitivi, ma le percezioni dei lavoratori raccontano un’altra storia. Quasi metà dei dipendenti intervistati si considera sottopagata rispetto al valore del proprio contributo.
Questa sensazione è particolarmente diffusa tra le donne e i lavoratori più giovani, categorie già strutturalmente esposte a maggiore precarietà o disparità. La distanza tra dichiarazioni aziendali e esperienza quotidiana rivela dunque un problema di trasparenza e comunicazione, oltre che di effettiva equità salariale.
Il monitor evidenzia inoltre che solo una minoranza delle aziende europee adotta politiche strutturate di “pay transparency”, un approccio che permetterebbe di ridurre in modo concreto i divari retributivi di genere e di ruolo. La trasparenza, insieme alla chiarezza sui criteri di avanzamento di carriera e sulle logiche dei premi, rappresenta un passaggio fondamentale per ricostruire la fiducia tra lavoratori e organizzazioni.
Flessibilità e fiducia: il nuovo equilibrio del lavoro moderno
La pandemia ha accelerato una trasformazione profonda nei modelli organizzativi, portando al centro del dibattito il tema della flessibilità. Il Social Sustainability Monitor analizza questo nuovo scenario, rivelando che la maggior parte delle aziende europee propone oggi forme più o meno strutturate di smart working e soluzioni ibride.
Nonostante ciò, il livello di fiducia percepito dai lavoratori non è uniforme. In Italia, solo una parte delle imprese dichiara di avere piena fiducia nelle modalità di lavoro da remoto, mentre molti dipendenti percepiscono un clima ancora legato al controllo e non orientato agli obiettivi. La flessibilità è dunque accolta con favore, ma spesso manca quel salto culturale necessario per renderla un fattore di reale benessere e produttività.
Il monitor evidenzia inoltre come la flessibilità possa rappresentare uno strumento potente di conciliazione tra vita privata e professionale, ma solo se accompagnata da politiche di sostegno chiare e da un adeguato equilibrio tra autonomia e responsabilità. Aumentano infatti i timori legati all’isolamento, all’eccesso di connessione e alla riduzione delle relazioni interne, elementi che rischiano di compromettere la qualità del lavoro in assenza di una governance adeguata.
Diversità e inclusione: la distanza tra dichiarazioni e realtà
L’ultima area del report riguarda la gestione della diversità e le politiche di inclusione. Anche in questo caso emerge una distanza marcata tra ciò che molte aziende dichiarano e ciò che i lavoratori vivono. Solo una parte delle realtà europee dispone di programmi strutturati dedicati alla diversità, equità e inclusione, nonostante questo tema sia ormai considerato uno dei pilastri della sostenibilità sociale delle imprese.
Le testimonianze raccolte dal monitor rivelano che una percentuale significativa dei lavoratori ha assistito o vissuto episodi di discriminazione, legati principalmente a genere, età e background culturale. Questo dato sottolinea la necessità di trasformare i valori dichiarati in comportamenti concreti, in processi di gestione più equi e in percorsi di formazione dedicati alla leadership inclusiva.
La cosiddetta sicurezza psicologica, ossia la percezione di essere rispettati, accolti e liberi di esprimersi sul posto di lavoro, resta ancora un obiettivo parzialmente lontano. Una quota consistente di dipendenti non si sente pienamente accettata all’interno del proprio gruppo di lavoro, né ritiene di essere trattata in modo equo. La qualità delle relazioni interne risulta così un fattore critico per la soddisfazione e la motivazione, molto più del semplice salario o delle opportunità di carriera.
Sostenibilità imprese: una nuova consapevolezza per il futuro del lavoro
Nel complesso, il Social Sustainability Monitor 2025 evidenzia come la sostenibilità sociale delle imprese sia oggi una leva strategica per attrarre talenti, migliorare il clima interno e costruire una reputazione aziendale solida e credibile. Tuttavia, i dati mostrano chiaramente che molti percorsi sono ancora incompleti e richiedono un approccio più concreto e meno orientato alla comunicazione.
Il benessere non può più essere considerato un tema secondario e l’inclusione non può restare un’etichetta priva di contenuti. Le aziende devono costruire una cultura in cui formazione, equità, flessibilità e rispetto della diversità non siano elementi accessori, ma parti integranti dell’identità organizzativa.
A essere premiate saranno le imprese in grado di trasformare la sostenibilità sociale da slogan a pratica quotidiana, rendendo la propria attrattività non una questione di immagine, ma un fatto reale, percepito e condiviso da chi lavora ogni giorno al loro interno.
